Convivere con il linfedema: l’esperta Chiara Buldrini risponde ad alcune delle domande più frequenti dei pazienti
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Convivere con il linfedema primario o secondario vuol dire dover tenere in considerazione la patologia in tantissimi aspetti della propria vita, perchè, oltre alla terapia in sè, tocca temi come la nutrizione, la psicologia, la socialità, l’estetica.
Questa patologia, infatti, richiede un approccio multidisciplinare e coinvolge molte figure professionali, tra cui chirurghi vascolari, linfologi, fisiatri, tecnici ortopedici, nutrizionisti e molti altri.
Avevamo parlato in generale di calze a compressione graduata su questo blog, ma abbiamo affrontato in particolare il tema del linfedema sui nostri canali Instagram e Facebook, intervistando inoltre Anna Maisetti (@stile_compresso), che da anni vive con il linfedema secondario e condivide la sua storia su Instagram, chiedendole di raccontarci del suo lavoro di divulgazione su questa patologia e dell’importanza della community che si è creata nel tempo.
Le domande sul tema, soprattutto online, sono però ancora molte, e abbiamo quindi intervistato Chiara Buldrini, tecnico ortopedico con Master in Linfologia e autrice di Liberi di Vivere con il Linfedema, per rispondere ad alcune di quelle più frequenti.
Buongiorno Chiara, per prima cosa puoi spiegarci da quanto tempo ti occupi di linfedema e raccontarci di Liberi di vivere con il linfedema?
Mi chiamo Chiara Buldrini, sono tecnico ortopedico da 30 anni, da più di 25 mi occupo di terapia compressiva e ho una specializzazione con Master di Linfologia che, per prima, ho conseguito in Italia con questa figura professionale. Tuttora sono l’unico tecnico ortopedico che ha scelto di essere consulente in questa materia in maniera esclusiva.
L’esperienza di questi anni mi ha consentito di lavorare, conoscere e affiancare moltissimi professionisti che si occupano delle patologie in cui la terapia compressiva è parte integrante della cura, per cui chirurghi vascolari, angiologi, fisiatri, chirurghi plastici, oncologi, fisioterapisti, infermieri, vulnologi, ortopedici, dermatologi, urologi, ginecologi,ecc.
Ovviamente il sistema vascolare flebo linfatico va dappertutto e incontra tutte le discipline e io pure!
Nell’estate del 2022 ho avuto l’idea di scrivere un manuale teorico pratico per pazienti e addetti ai lavori e a dicembre 2023 è stato pubblicato da GFE edizioni “Liberi di Vivere con il Linfedema”. Ho coinvolto dapprima come curatore dei testi il Dott. Pierluigi Zolesio, fisiatra ed esperto in questa disciplina, e poi insieme abbiamo chiesto ad altri venti professionisti specializzati di partecipare con il loro contributo, affinché il risultato fosse un lavoro corale e si comprendesse appieno quanto sia importante per il linfedema l’approccio multispecialistico e multidisciplinare.
Lo scopo del manuale, come dice il titolo stesso, è dare libertà alle persone attraverso la consapevolezza del proprio stato di salute, esattamente come avviene attraverso un blog come questo.
Passiamo ora ad alcune delle domande più comuni che le persone si fanno online su questa patologia. La prima è: come prende le misure un tecnico ortopedico ? Bisogna prepararsi in qualche modo specifico prima di andare alla visita?
Il tecnico ortopedico è la figura preposta alla rilevazione delle misure necessarie per progettare e conseguentemente realizzare un indumento elastocontenitivo. La conditio sine qua non è che la persona che necessita di tale presidio arrivi all’atto della rilevazione delle misure con l’arto decongestionato.
La tecnica di misurazione adottata dal professionista è specifica, si utilizza un metro preposto a questa valutazione e si segue uno schema di misurazione adottato e concordato a livello internazionale. Inoltre le circonferenze acquisite sono soggette a calcoli matematici e la costruzione segue le leggi della fisica, il tutto personalizzato dall’attenta e rigorosa valutazione dell’edema del paziente, affinché l’indumento risulti essere quanto di più utile alla fase di mantenimento del piano riabilitativo individuale della persona.
É bene specificare che le misurazioni si rilevano a pelle sull’arto interessato dalla patologia, pertanto sarà utile indossare un abbigliamento comodo e pratico!
Seconda domanda: ogni quanto bisogna cambiare gli ausili su misura, dopo quanto tempo si usurano?
Si ricorre alla sostituzione dell’indumento elastocontenitivo quando termina l’efficienza funzionale e quindi non è più garantita l’efficacia terapeutica, questo processo è determinato secondo le aziende produttrici con una tempistica riconosciuta a 6 mesi di utilizzo costante del presidio.
Naturalmente è necessario ricorrere alla sostituzione più frequente nei minori di 18 anni, non per perdita di efficacia, ma per modifica strutturale anatomica, o quando l’anatomia dell’arto subisce delle variazioni, per esempio per variazione del peso corporeo.
Terza domanda: se si necessita di utilizzare degli indumenti su misura “vecchi“ si corrono dei rischi, anche indossandoli per poco tempo?
Gli indumenti “vecchi” sono tali, perché hanno perso la loro efficacia e probabilmente non sono più conformi alle forme anatomiche dell’arto, quindi per una gestione ottimale del linfedema non è consigliabile indossarli, nemmeno per poco tempo.
Però questi indumenti usurati possono avere una “seconda vita” se utilizzati in piscina o nell’acqua del mare!
Essi infatti potrebbero essere considerati dei validi alleati nelle occasioni in cui si va a nuotare o si fa movimento in acqua, attività ottima per la gestione del linfedema, e garantiscono non solo una ”pellicola” ulteriore di protezione dell’arto, ma esaltano l’efficacia del beneficio dell’acqua, senza però avere la preoccupazione di sciupare un indumento “nuovo”.
Quarta domanda: se da prescrizione bisogna indossare indumenti su misura, in caso di emergenza si possono usare anche quelli di serie?
Se sono prescritti indumenti elastocontenitivi su misura, inevitabilmente è perché si necessita di un tale presidio, pertanto l’uso di un modello standard risulterebbe anomalo e non efficiente, anche se usati in emergenza e per poco tempo.
Quinta domanda: quante calze bisognerebbe avere per essere tranquilli, tenendo conto di lavaggi, eventuali rotture improvvise, imprevisti?
Certamente avere almeno un cambio sarebbe utile: lo stress a cui è sottoposto il presidio se utilizzato costantemente e lavato con altrettanta puntualità richiede tempi congrui di riposo.
Siamo mediterranei, ma non abbiamo una temperatura costante a oltre 25 gradi che consente in una notte di asciugare sempre l’indumento. Pensiamo poi se per qualche motivo accidentale si rompe o magari durante un viaggio lo si perde!
Sesta domanda: ci sono consigli per indossare le calze più facilmente, soprattutto se si hanno problemi di mobilità?
In commercio esistono molti ausili che consentono un indosso facilitato dell’indumento elastocontenitivo e anche con funzione di proteggere il presidio stesso da stress dei materiali durante questa azione: capita osservare rotture dell’indumento dettate da unghie o dita che lo hanno lesionato.
Possono sembrare banali, ma, l’uso degli specifici guanti che si possono acquistare insieme all’indumento, e che hanno un costo inferiore alla decina di euro, sono un ottimo aiuto sia per generare quella necessaria presa dei materiali durante l’atto di indosso, che per la sistemazione finale del presidio sull’arto interessato, non solo per la persona che compie in autonomia il processo, ma anche, laddove è necessario, per chi aiuta e assiste il paziente. Non da ultimo l’utilizzo dei guanti preserva da ciò che è stato indicato qui sopra: usura per causa accidentale.
Inoltre ci sono tecniche specifiche per indossare l’indumento, ovvero si deve considerare che il materiale è rigido, poiché la trama solitamente utilizzata è piatta e ha come caratteristica saliente la proprietà contenitiva, oltreché compressiva, e dunque il presidio è robusto e sostenuto. Risulta quindi facile rivoltare lo stesso al contrario fino ad esporre l’estremità distale (cioè la più lontana dal punto in cui va inserito l’arto), agevolando così l’inserimento della mano o del piede, per poi consentire il successivo indosso del materiale lungo l’arto, avendo cura di evitare pieghe, al fine di una corretta distribuzione della pressione garantita dall’indumento.
Settima domanda: quando si cambia la stagione, ad esempio tra inverno ed estate, considerando la differenza di clima, bisogna utilizzare calze differenti?
No, i materiali utilizzati per la realizzazione degli indumenti sono atti a garantire una contenzione e una compressione adeguata, indipendentemente dalle condizioni climatiche.
Si deve piuttosto considerare l’uso corretto del presidio e calibrato alle esigenze del singolo paziente, tenendo quindi in considerazione il suo stile di vita, le necessità del paziente stesso, in modo da mettere in atto alcuni accorgimenti che gli rendano più agevole l’utilizzo corretto dell’indumento.
Ottava domanda: poichè ausili come le calze su misura vanno indossate sempre, come possono essere gestite d’estate visto il caldo, o in vacanza, ad esempio al mare?
Ebbene le “calze” sono semplicemente un indumento e come tale va considerato. Anche in estate indossiamo abiti e nessuno va al lavoro o in vacanza senza.
Chi è consapevole che quell’indumento non solo è necessario per mantenere lo stato del linfedema, ma anche e soprattutto in estate di evitare il peggioramento, adegua il proprio stile di vita alla situazione.
Laddove possibile si riducono le uscite nelle ore più calde della giornata, si indossano i presidi contenitivi sin dalle prime ore del mattino e se durante il corso giornaliero si sente l’esigenza di toglierli, perchè no, non sono incollati all’arto, e con la stessa capacità si possono rimettere qualche ora successiva, magari prolungando l’uso nelle ore serali con una temperatura più gradevole.
Al mare ci si comporta con lo stesso stile di vita a cui tutti dovrebbero attenersi: evitare le ore più calde, questa regola non vale solo per bambini e anziani o per chi ha patologie, questa regola vale per tutti.
E poi l’acqua è un toccasana per la gestione del linfedema, dunque, mettere l’indumento elastocontenitivo magari quello meno nuovo e via a nuotare, il movimento nell’acqua è assolutamente consigliato e l’arto risulta altresì protetto dalla presenza della ricopertura oltre che maggiormente stimolato dall’azione dell’acqua combinata a quello dell’elastocontenzione.
Ultima domanda: l’aspetto psicologico di accettazione del linfedema è fondamentale ma spesso difficile, basti pensare al fattore estetico. Come si può agevolare il paziente in questo percorso?
Ebbene, tutte le criticità che conducono al peggioramento di patologia sono da evitare, è ovvio, ma lo si può fare solo attraverso la scelta responsabile, che si acquisisce attraverso la conoscenza.
Il benessere della persona deve essere garantito a 360 gradi anche quando si ha un linfedema, esattamente come avviene per tutte le patologie croniche, che laddove mal gestite risultano ingravescenti.
Il linfedema non è più “la cenerentola” o “la sconosciuta” fra le malattie, anzi… Le conoscenze che negli ultimi anni sono aumentate hanno modificato e talvolta cambiato le metodiche, la gestione e la diffusione delle stesse, sta portando a quel fondamentale processo di crescita a tutti i livelli: politico, sanitario e dei pazienti.
La consapevolezza permette di essere Liberi di vivere con un linfedema.
Ringraziamo Chiara Buldrini per i suoi consigli, e vi ricordiamo che è possibile acquistare il suo libro, Liberi di vivere con il linfedema. Manuale teorico-pratico per pazienti e professionisti, su IBS o su Amazon.
Infine, se hai il linfedema e hai bisogno del consiglio di un tecnico ortopedico e non sai a chi rivolgerti, oppure devi acquistare dei presidi specifici ma non sai dove acquistarli, puoi utilizzare la nostra piattaforma Orthogether: attraverso la geolocalizzazione, infatti, potrai trovare l’ortopedia o sanitaria più vicina a te, oppure il tecnico ortopedico che possa realizzare l’ausilio su misura che ti hanno prescritto, oppure verificare quali negozi hanno disponibili il prodotto di serie (calze, bracciali, guanti…) di cui hai bisogno.